Quello che state per leggere è l’articolo più difficile che io abbia mai scritto. Sì, perché tendenzialmente io mangio e bevo tutto, ma ci sono alcune cose che proprio non mi vanno a genio, e il chinotto è una di queste. Mannaggia a Francesco quindi, che mi ha obbligato a provarne diversi dopo avermi affibbiato l’arduo compito di eleggere il miglior chinotto italiano. Sono sopravvissuto e adesso vi racconto brevemente che ne penso.
Chinò Sanpellegrino
Cominciamo da quello che probabilmente è il chinotto più conosciuto. Ho cercato di essere il più obiettivo possibile, mettendomi nei panni degli amanti di questa bibita, e devo ammettere che con ogni probabilità si tratta del prodotto più equilibrato tra quelli provati. All’impatto è frizzante e dolce, ma poco dopo subentra un retrogusto amaro che ho trovato tollerabile e che riesce a bilanciare la dolcezza iniziale.
Per quanto riguarda le bollicine, come già raccontato nella nostra recensione, il Chinò Sanpellegrino ha bisogno di decantare. Per guastarlo a pieno meglio quindi aspettare un po’ dopo averlo aperto. In questo senso, si tratta del prodotto più longevo tra quelli in lista visto che a un secondo assaggio risulta addirittura migliore.
Chinotto Neri
Ecco, questo non fa proprio al caso mio. Per carità, forse a primo impatto è anche meglio di quello Sanpellegrino perché meno dolce, ma il retrogusto è una pecca non da poco, almeno per i miei standard. Invece di andare a controbilanciare, aggiunge una sensazione di dolcificante che trovo poco edificante.
A questo aggiungo un fattore fondamentale, ovvero che dopo solo un giorno dall’apertura il Chinotto Neri perde gran parte della sua frizzantezza. Ergo, per me diventa imbevibile. Va però detto che il packaging è, almeno per quanto riguarda i chinotti più conosciuti, il migliore su piazza. È minimal, è discreto. Thumbs up.
Chinotto Lurisia
Qualità superiore, arrivo addirittura a dire che berlo non mi è dispiaciuto. Con ogni probabilità il merito va all’utilizzo di ingredienti raffinati, che donano alla bibita un sapore delicato e quasi mai invadente. Purtroppo però è un po’ troppo dolce (enorme punto a sfavore per me). Per il resto, il retrogusto aggiunge quel tocco di amaro che è un valore aggiunto e le bollicine sono, ovviamente, intense.
In questo caso a incidere è il packaging, visto che il Chinotto Lurisia è disponibile solo nella nota ed elegante bottiglia di vetro. Forse non è una bibita da consumare tutti i giorni, ma se andate al bar o al ristorante è la scelta migliore.
Chinotto San Benedetto
Tutto sommato siamo di fronte a un altro chinotto ben equilibrato, anche se un pelo troppo zuccherato per i miei gusti (la presenza di edulcoranti non aiuta). Diciamo però che anche a causa della presenza di bollicine non troppo forti, è piuttosto dissetante se paragonato ai suoi competitor.
Ma veniamo alla caratteristica più importante di ogni chinotto: il retrogusto. Credo che il termine giusto per definirlo sia “vivace”, che non è necessariamente una cosa malvagia, soprattutto se siete appassionati di questa categoria di bevande. Di sicuro non sa di artificiale, cosa che apprezzo.
Chiudo dicendo che il packaging è figo. Alcuni potrebbero trovarlo un po’ pacchiano per via di una rotondezza molto accentuata della bottiglia, ma a me piace.
Chinotto Plose
L’ultimo della lista è quello più difficile da reperire, tanto che io non ne avevo mai sentito parlare. In breve, sono rimasto abbastanza deluso dalla sua moderatissima effervescenza, e ve lo dice uno che non ama le bibite particolarmente frizzanti.
Il resto è sicuramente da apprezzare. Appena aperta la graziosa bottiglia in vetro si sente un chiaro profumo di chinotto e il primo assaggio non delude le aspettative. Il Chinotto della Plose è amaro, con un retrogusto ben equilibrato che si mantiene anche a qualche giorno di distanza dalla prima apertura. Approvato.
Il verdetto
Sarebbe facile puntare alla Lurisia, ma nella mia indiscutibile opinione lo trovo un po’ troppo dolce. E’ vero, si percepisce l’infusione, si sente che è un prodotto di livello. Insomma, è una bibita Lurisia, costano pure. Tuttavia sento di eleggere a migliore chinotto il Chinò San Pellegrino, lo vivo come la Coca-Cola delle… coche. Urrà per il Chinò. Meno per me.