bibite zero

Le nuove bibite senza zucchero rivoluzioneranno il mercato?

All’inizio, fu la Coca-Cola Light. Erano i ruggenti anni ’80 e il problema dell’obesità negli Stati Uniti iniziava a farsi sentire. Per anni fu pressoché l’unica bibita dietetica sul mercato, tralaltro con dei risultati importanti, ma non proprio stellari, considerata l’impronta del saccarosio che lo rendeva poco gradevole a molti. L’unica a competere fu la Pepsi Light, sull’onda dell’originalità, comunque poco diffusa nel nostro paese.

Solo la coca, o la cola, o come la volete chiamare, aveva la nomea di avere la versione senza zucchero. Per oltre 20 anni il mercato delle bibite dietetiche non avrebbe avuto novità importanti.

Poi è arrivata la Coca-Cola Zero. Mi ricordo la prima volta, ero alla Stazione delle Ferrovie Nord di Milano Cadorna, stavo tornando a casa. Era estate, l’estate del 2007. Per aiutarmi ad affrontare la calura, e il treno climatizzato dai corpi sudati dei pendolari, entrai nel bar vicino ai binari. Fuori c’era un cartello che segnalava questa “Coca Zero”, pensavo fosse una Coca-Cola classica brandizzata strana per motivi di marketing, non mi posi il problema francamente. Sembrava una Coca normale, poi lessi la magica etichetta che indicava come la bibita fosse priva di… qualsivoglia sostanza nutritiva, tranne un pochino di sodio. Mi sentii come la mia vecchia zia di 90 anni suonati, all’epoca ancora in vita, che quando ero piccolo mi comprava la Coca-Cola per tenermi buono prima di darmi acqua e vino.

Fu, nel mondo delle bibite, una rivoluzione inizialmente limitata solo alla Coca-Cola. La Pepsi venne colta impreparata, e fece in fretta e furia la Pepsi Max così da confondere i clienti (max zuccheri, max caffeina? Mah). Poi si è arresa e l’ha chiamata zero.

E proprio qui vi volevo portare. La Coca-Cola ha creato non solo un precedente, ma anche un modello, un benchmark, un riferimento per tutto il mercato delle bevande. “Zero” per le bibite è diventato un aggettivo che indica una bibita, o una bevanda, che pur essendo senza zuccheri è comunque, semplicemente, buona.

Il trend non iniziò subito, inizialmente come per le “Light” la dimensione delle “Zero” fu limitata alle cole. In seguito, almeno in Italia, sono iniziati ad apparire i Thè Zero della San Benedetto, che continuano a riscuotere un discreto successo. La prima bibita “Zero” oltre alle coche fu probabilmente il Chinò Zero. Era buono? Non molto, ma si iniziava a intravedere la direzione che avrebbe preso il mercato delle bibite gassate. Poco dopo apparse anche la Lemonsoda Zero, che era, francamente, terribile. Insomma tentativi più o meno riusciti che comunque avevano tracciato il solco.

The Zero San Benedetto

Detto questo, competizione con la Coca Zero non ce n’era. Lontanamente. Il termine “Zero” inizia a venire utilizzato anche al di fuori del mercato delle bevande, spesso banalmente come una trovata di marketing per sostituire, pari pari e senza modifiche alla ricetta, il termine “senza zucchero”. Io ogni tanto provavo a prendere questa o quella bibita “zero”, rimanendo spesso deluso, come con la prima Gassosa Zero della San Benedetto, dolciastra e acidula (?). La prima buona bibita Zero fu probabilmente il Cocktail San Pellegrino Zero. Non eccellente e forse un po’ troppo costoso, però probabilmente il primo risultato convincente.

No, la rivoluzione Zero è stata altrove. Un prodotto già citato ma che risultava ancora acerbo: le Bibite Zero San Benedetto, come la Gassosa di tre righe più sopra, finalmente rifatta nel 2021 con una ricetta convincente e una nuova etichetta più bella che ci aiuta a discriminare le versioni vecchie da quelle nuove.

San Benedetto - Zero
La prima edizione delle San Benedetto Zero

Potrebbe sembrare una banalità, ma secondo me dopo l’arrivo della Coca-Cola Zero l’introduzione delle bibite Zero della San Benedetto è il momento di svolta più importante nel mercato delle bibite, anche nell’ottica di un appeal migliore vista l’assenza di zuccheri. Approfondiremo i dolcificanti utilizzati, i quali comunque sembrano innocui e certamente preferibili ad aspartame e amici. In ogni caso, lo dico da utilizzatore: ho ricominciato a comprare bibite con l’arrivo di queste bibite, pur seguendo un regime alimentare molto rigoroso.

Le Bibite Zero San Benedetto sono buone e, pur non essendo effettivamente a “zero” calorie, ne hanno talmente poche da essere a tutti gli effetti trascurabili anche nell’ottica di una dieta rigorosa.  Aranciata, Limonata, Gassosa, Ginger, Chinotto, Ginger Biondo, oltre ai meno riusciti Pesca e Frutti di Bosco. La più calorica, parliamo di circa 75 calorie a bottiglia da 0,75 litri, è l’aranciata che francamente è indistinguibile da una classica aranciata. Anzi, è pure preferibile da chi tende a trovare le bibite zuccherate… spesso un po’ troppo zuccherate. Anche il costo è molto abbordabile, parliamo di un minimo di €0,35 a un massimo di €0,80, collocandosi in una fascia media delle bibite (sopra le Guizza, sotto i grandi brand).

Volete sapere perché sono davvero buone? Perché pure il vecchio, quello che ci faceva fare un’ora di macchina per andare a prendere il Ginger Sanpellegrino (ora Cocktail), ora è abituale consumatore di questo Ginger. Non sempre, perché i boomer sono affezionati ai marchi, ma alterna volentieri il Sanpellegrino con la versione senza zucchero della San Benedetto.

Quindi arriviamo alla domanda del titolo, il fatto che siano riuscite a trovare questa combinazione potrebbe significare uno “switch” verso una dominanza delle bibite zero su quelle zuccherate in pochi anni, specie se il legislatore insisterà con le Sugar Tax e invece avrà la lungimiranza di tracciare il solco tra quelle che ti danno 180kcal con una lattina (Coca-Cola) a quelle che te ne danno 30 (Sprite! Sì lo so) o tra 15 e 5 come le San Benedetto.

Vedremo, però sì nel frattempo vi parlerò estensivamente delle bibite San Benedetto, a partire dagli ingredienti “magici” che le rendono buone pur essendo ipocaloriche. Chiederemo al chimico.